Tempio città riparativa

Un esempio di giustizia riparativa in pratica: Sperimentazione di Comunità Riparativa nella città di Tempio Pausania

Il progetto condotto su Tempio Pausania nasce dalla rilevazione di un conflitto sociale. Nel 2011 apre, a Nuchis, un nuovo istituto penitenziario che, a febbraio 2012, diventa di massima sicurezza: la Casa di Reclusione “Paolo Pittalis”. Tale evento genera una frattura all’interno della comunità. L’istituto è, infatti, destinato a ospitare condannati per reati molto gravi come l’associazione di stampo mafioso. I detenuti provengono principalmente da tre regioni, fortemente connotate per reati di mafia: Campania, Calabria, Sicilia. Le loro condanne includono l’ergastolo anche ostativo. La comunità tempiese teme infiltrazioni delle “famiglie” criminali; dal canto loro i detenuti soffrono per la distanza dai loro affetti. La comunità intera è in sofferenza.

L’università, l’istituto penitenziario, il consiglio comunale, le ONG locali hanno allora iniziato a lavorare insieme per costruire un nuovo rapporto fra carcere e comunità. Ma non solo. Il progetto avviato a Nuchis ha costituito, infatti, l’opportunità per sensibilizzare l’intera comunità ai temi della pace sociale, della solidarietà, dell’inclusione e della coesione sociale come strumenti di benessere per tutte le parti coinvolte.

Per i primi due anni, il progetto è stato  sostenuto con finanziamento della Regione Sardegna (Sistema Informativo e governance delle politiche di intervento e contrasto dei fenomeni criminali in Sardegna (L.R. 07/2007) Unità operativa “Studio e analisi delle pratiche riparative per la creazione di un modello di restorative city”). Negli anni successivi e tutt’oggi è portato avanti su base volontaria dal team delle pratiche di giustizia riparativa del Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali. Ha l’obiettivo di contribuire alla realizzazione di una comunità fondata su inclusione e coesione sociale, come raccomandato dalla strategia Europa 2020. La finalità più ampia dell’équipe è stata quella di sperimentare la costruzione di una comunità sociale ad approccio riparativo sul modello delle restorative city anglosassoni di Hull e Leeds, ovviamente rivisitato e riorganizzato in funzione del tessuto culturale, sociale ed economico, cui il progetto stesso si rivolge. Tale finalità è stata condivisa e ha trovato piena collaborazione della Direzione della Casa di reclusione di Nuchis, della Magistratura di sorveglianza e dell’Amministrazione comunale, consentendo di avviare un percorso che ha visto il coinvolgimento di istituzioni e cittadinanza.

Conferenze riparative di comunità.

Il principale strumento di intervento è rappresentato dalle conferenze riparative: una serie di incontri in cui le diverse parti del sistema si riuniscono (disposti circolarmente, così da poter interagire anche con lo sguardo) per individuare risorse e canali per lo sviluppo del senso di comunità e la costruzione di approcci pacifici per la risoluzione dei conflitti. L'obiettivo è quello di incoraggiare tutte le persone presenti a riflettere sul significato e le potenzialità di una comunità ad approccio relazionale. Le conferenze sono state aperte a tutta la comunità (hanno partecipato giudici, volontari, educatori, terzo settore, amministratori, forze dell'ordine, docenti, studenti ecc.), consentendo ai partecipanti di ripensare ai legami tra il territorio e il carcere in chiave di benessere. In particolare nel 2016 e 2017, hanno preso parte alle conferenze studenti degli istituti scolastici secondari di secondo grado e studenti universitari. Ad oggi sono state organizzate 12 conferenze e si è registrata la presenza di circa 600 partecipanti. Le/gli studenti sono stati oltre 200.

Alcuni risultati

La costruzione di una Restorative City è un progetto a lungo termine. Necessita molti passaggi che, preliminarmente, sono di condivisione, di conoscenza diffusa, di adesione libera, di coinvolgimento fattivo. Richiede un’attenzione ai vertici della governance, perché si dispongano a sostenere le progettualità in corso, perché per la finalità più ampia decidano di investire interesse, energie e risorse. Richiede un’attenzione alla comunità, alle persone che, quotidianamente, si interrogano sui modi migliori per giungere all’obiettivo verso cui tutte e tutti tendiamo: vivere una città sicura, intesa come luogo di relazioni basate sulla fiducia, sulla reciprocità, sull’inclusione e la coesione dei suoi sistemi e di tutte le persone che li compongono. Significa agire e interagire nel rispetto, assumendo ciascuna/o le responsabilità del proprio ruolo. Significa giungere alla consapevolezza che star bene insieme è responsabilità di tutte e di tutti, che il conflitto può generarsi, inevitabilmente si generano conflitti, ma “conviene” imparare a gestirlo perché da quel conflitto si possa uscire nel modo migliore possibile per tutte le parti in causa, nessuna esclusa: nessun* può considerarsi osservatore/osservatrice di qualcosa che non l* riguarda. Giustizia riparativa è anche prendere le distanze dall’indifferenza.

In questa chiave, alcuni primi risultati sono, per noi, di grande rilevanza.

Intanto il progressivo coinvolgimento delle scuole, con esperienze di messa in guardia da pregiudizi e stereotipi vissute dalle/dagli studenti che hanno avuto modo di aderire al progetto. La loro partecipazione alle conferenze riparative in carcere, il flash mob del 2016, fino all’incontro, avvenuto quest’anno, con un ergastolano “famoso” per il suo percorso di cambiamento (Cosimo Rega) sono state tappe davvero significative per l’accrescimento di quella consapevolezza sociale che sta alla base della cittadinanza attiva.

Il lavoro svolto ha già condotto a un ampliamento dell’offerta di servizi dedicati alla giustizia e alla governance secondo l’approccio riparativo in quanto è stato ideato e istituito, dalla cattedra di Psicologia sociale e giuridica dell’Università di Sassari, lo sportello “RiparAscoltando”, presentato ufficialmente durante il seminario di studi del 24 giugno 2015 e che rimarrà patrimonio professionale e scientifico di tutta la comunità.

Il riconoscimento istituzionale crediamo abbia raggiunto un livello di grande interesse, testimoniato dal fatto che il 17 dicembre 2015, per la prima volta in un carcere italiano, è stato convocato a Nuchis il consiglio comunale istitutivo del garante comunale dei detenuti. Altro aspetto di grande rilievo è che il documento istitutivo del garante parte da premesse e considerata che si ispirano e riconducono alla giustizia riparativa:http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2015/12/18/news/biancareddu-legittimato-il-tribunale-1.12643183?ref=search

http://www.videolina.it/video/servizi/90983/tempio-la-politica-dietro-le-sbarre-consiglio-comunale-in-carcere.html

Infine, proprio durante la settimana internazionale della giustizia riparativa 2017, il Sindaco di Tempio Pausania Avv. Andrea Biancareddu ha dato notizia di un risultato cui il nostro team della pratiche di giustizia riparativa sta lavorando da anni, sostenuto dall’interesse dell’Amministrazione comunale e dal bisogno della comunità territoriale: http://www.euforumrj.org/wp-content/uploads/2017/11/A-Tempio-si-celebra-la-settimana-internazionale-della-giustizia-riparativa.pdf. Riportiamo direttamente dal comunicato stampa, con le parole del Sindaco:

Tempio è la prima città d'Italia che ha deciso di promuovere e sperimentare pratiche riparative in grado di coinvolgere tutta la comunità: casa di reclusione, scuola, famiglia, forze di polizia, tribunali, comuni, associazioni, sul modello delle città riparative inglesi. Nella sua visione più ampia, la giustizia riparativa, gli approcci e le pratiche riparative infatti non riguardano soltanto i comportamenti a rilevanza penale, ma i diversi conflitti che possono generarsi nella comunità. Un primato che ha portato il nome della città in giro per il mondo, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Irlanda alla Germania. Non solo. Pochi giorni fa i comuni che fanno parte dell'Ambito PLUS di Tempio Pausania hanno approvato un progetto di sportello riparativo denominato Sportello per le vittime di reato destinando 30.000 euro ad un servizio riparativo di counseling psicologico.

Questo potrebbe essere il primo passo verso il passaggio a primo territorio d'Italia che sperimenta pratiche riparative. A questo proposito il sindaco di Tempio Andrea Biancareddu intende ringraziare i Sindaci che fanno parte del Plus (Aggius, Aglientu, Badesi, Bortigiadas, Calangianus, Luogosanto, Luras, e Trinità d’Agultu) per l'attenzione e la sensibilità mostrata verso questo importante progetto che punta a trasformare piccole parti di mondo che siano, nel tempo, in grado di contaminarne altre.

Lo Sportello cui fa riferimento il Sindaco è un Servizio che si propone come strumento di comunità  per affrontare le situazioni di vulnerabilità sociale che possono generare, che frequentemente sono generate da, malessere per le parti direttamente coinvolte e l’intera comunità. È dedicato alle vittime di qualsiasi azione, a chi ha subito un danno, che non necessariamente rientra all’interno della fattispecie di reato. L’intervento verrà gestito dagli/dalle psicoterapeut* del team delle pratiche di giustizia riparativa del Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell’Università di Sassari. Fin da ora è previsto il coinvolgimento delle scuole, come destinatarie di interesse e partecipazione. In futuro si avvarrà anche, nell’ottica comunitaria, dell’apporto di volontari/volontarie del settore pubblico e privato che, adeguatamente format/e, risponderanno alle esigenze della persona o della comunità offesa. Riteniamo che questo possa essere considerato l’esito più qualificante, sia in sé sia per le potenzialità di sviluppo di altre progettualità che esso contiene.

I risultati ottenuti possono essere utilizzati per il futuro ampliamento della comunità riparativa costruita a Tempio Pausania e per replicare l’esperienza in altri territori. Infatti il modello “virtuoso” di gestione pacifica dei conflitti potrebbe essere esteso ad altre città che si vorranno dotare di tale sistema di governance di prevenzione della devianza, in chiave promozionale, e di costante attenzione al benessere e ai livelli di qualità della vita di cittadini e cittadine.

Monitoraggio e valutazione

Per valutare i risultati e i cambiamenti nella nostra comunità abbiamo utilizzato una metodologia mista di strumenti qualitativi e quantitativi. In particolare focus group (specifici per le diverse aree di gestione della comunità: giustizia, salute, sicurezza, istruzione e politica) con l'obiettivo di esplorare la comprensione di concetti come “giustizia” e “risoluzione dei conflitti” e di valutare i suoi cambiamenti dopo la conclusione del progetto. Durante il primo incontro, abbiamo utilizzato strumenti di autovalutazione[1], che sono stati consegnati alle/ai partecipanti per valutare gli eventuali impatti della ricerca intervento. I focus group sono stati usati anche per progettare il board delle pratiche riparative di comunità.

 

[1]Gli strumenti sono: "Supporto sociale percepito" (Zimet et al., 1988), "Life Orientation Test" (Scheier et al., 1994), "Hope Scale" (Snyder et al., 1991); "Connor-Davidson Resilience Scale" (Connor e Davidson, 2003); la "Scala dell’Autoefficacia Sociale" (Caprara, 2001).

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