Comunità riparative: il modello Nuchis e Tempio Pausania città riparativa

Comunità riparative: il modello Nuchis e Tempio Pausania città riparativa

Patrizia Patrizi, Ordinaria di Psicologia sociale e giuridica presso il Dipartimento di scienze umanistiche e sociali, Università degli Studi di Sassari

 

La giustizia riparativa è un approccio che considera il reato principalmente in termini di danno alle persone e di “fratture” relazionali che avvengono all’interno di una comunità. In questa prospettiva si lavora al fine di ottenere un coinvolgimento attivo della vittima, dell'imputato e/o autore di reato e della stessa comunità di riferimento nella ricerca di strategie efficaci per fronteggiare i bisogni e le richieste che emergono nell’evento-reato. Il modello di giustizia riparativa, in particolare, si propone come risposta all’incapacità dei modelli tradizionali (retributivo-punitivo e rieducativo-trattamentale) di coniugare la duplice/indivisibile esigenza della riabilitazione e della sicurezza sociale, di accogliere la sofferenza prodotta, di risanare il tessuto sociale.

Nella sua visione più ampia, la giustizia riparativa, gli approcci e le pratiche riparative non riguardano soltanto i comportamenti a rilevanza penale, ma i diversi conflitti che possono generarsi nella comunità. Essa può essere intesa come «la scienza di aggiustare (restoring) e sviluppare il capitale sociale, la disciplina sociale, il benessere emotivo e il coinvolgimento civile attraverso l'apprendimento partecipato e i processi decisionali» (Wachtel, 2005, p. 86); rispetto, responsabilità e supporto sociale sono elementi costitutivi del modello.

Il gruppo di ricerca di psicologia sociale e giuridica dell’Università di Sassari, coordinato dalla scrivente e composto dal Dott. Gian Luigi Lepri, Dott. Ernesto Lodi, Dott.ra Maria Luisa Scarpa, Dott. Nicola Fresu1, sta lavorando, da alcuni anni, a uno strumento concettuale impostato in chiave di Restorative Justice e basato su un approccio relazionale, pacifico, responsabile e solidale: il modello Co.Re. - Comunità di Relazioni Riparative. Il modello si pone in linea con i più recenti orientamenti scientifici che sostengono la necessità di sviluppare sistemi di intervento capaci di ridurre il conflitto all’interno delle dinamiche sociali, generando al contempo dinamiche positive di inclusione. La comunità diventa così il luogo nel quale si possono promuovere stili di vita e di relazione orientati al benessere della persona e della collettività e alla pace (Patrizi, Lepri, 2015; Patrizi, Lepri, Lodi, 2016; Patrizi, Lepri, Lodi, Dighera, 2016). Il concetto di comunità relazionale include, in una prospettiva di lavoro promozionale “con” le persone, il focus dell’agire professionale sulla qualità della vita e sulle variabili che permettono la piena attivazione delle risorse individuali e sociali, come quelle provenienti dalla psicologia positiva (p.e. coraggio, speranza, ottimismo, resilienza ecc.). Tali costrutti permettono di spostare l’ottica dell’intervento dalla “cura” alla prevenzione e promozione della salute, del benessere e della qualità della vita dell’intera comunità, rafforzandone in tal modo il senso di sicurezza sociale vissuto al suo interno.

È da questo orientamento che si sono generate le progettualità realizzate negli ultimi anni dal gruppo di ricerca. Questi i temi principali: a) risanare relazioni avvicinando contesti e sistemi b) intervenire per sollecitare in quei contesti/sistemi interessi di reciprocità c) intercettare le criticità per poterle utilizzare come avvio del processo. La città di Tempio Pausania (la città che non voleva i detenuti, i detenuti che avrebbero preferito stare nelle loro città), la città di Mentana (tessere la rete per contrastare dispersione e monitorare progetti di inclusione sociale attraverso azioni di agricoltura sociale), la compagnia teatrale "Stabile Assai", con la direzione di Antonio Turco, della Casa di reclusione di Rebibbia a Roma (dove gli spettacoli teatrali riuniscono i detenuti/semi-liberi/affidati e la comunità esterna per riavvicinare persone laddove il carcere ha separato, per promuovere la comprensione reciproca al di là degli stereotipi).

 

Un esempio di giustizia riparativa in pratica: Sperimentazione di Comunità Riparativa nella città di Tempio Pausania

Il progetto condotto su Tempio Pausania nasce dalla rilevazione di un conflitto sociale. Nel 2011 apre, a Nuchis, un nuovo istituto penitenziario che, a febbraio 2012, diventa di massima sicurezza: la Casa di Reclusione “Paolo Pittalis”. Tale evento genera una frattura all’interno della comunità. L’istituto è, infatti, destinato a ospitare condannati per reati molto gravi come l’associazione di stampo mafioso. I detenuti provengono principalmente da tre regioni, fortemente connotate per reati di mafia: Campania, Calabria, Sicilia. Le loro condanne includono l’ergastolo anche ostativo. La comunità tempiese teme infiltrazioni delle “famiglie” criminali; dal canto loro i detenuti soffrono per la distanza dai loro affetti. La comunità intera è in sofferenza.

L’università, l’istituto penitenziario, il consiglio comunale, le ONG locali hanno allora iniziato a lavorare insieme per costruire un nuovo rapporto fra carcere e comunità. Ma non solo. Il progetto avviato a Nuchis ha costituito, infatti, l’opportunità per sensibilizzare l’intera comunità ai temi della pace sociale, della solidarietà, dell’inclusione e della coesione sociale come strumenti di benessere per tutte le parti coinvolte.

Per i primi anni, il progetto è stato sostenuto con finanziamento della Regione Sardegna -Sistema Informativo e governance delle politiche di intervento e contrasto dei fenomeni criminali in Sardegna (L.R. 07/2007) Unità operativa “Studio e analisi delle pratiche riparative per la creazione di un modello di restorative city” - ha concluso il suo iter formale ma, con lo staff della cattedra di Psicologia sociale e giuridica del Dumas (titolare di cattedra e responsabile scientifica Patrizia Patrizi, referente di progetto Gian Luigi Lepri, referente per la ricerca Ernesto Lodi, counselor Maria Luisa Scarpa), continua la sua azione anche senza copertura finanziaria. Il progetto ha l’obiettivo di contribuire alla realizzazione di una comunità fondata su inclusione e coesione sociale, come raccomandato dalla strategia Europa 2020. La finalità più ampia dell’équipe di ricerca è stata quella di sperimentare la costruzione di una comunità sociale ad approccio riparativo sul modello delle restorative city anglosassoni di Hull e Leeds, ovviamente rivisitato e riorganizzato in funzione del tessuto culturale, sociale ed economico, cui il progetto stesso si rivolge. Tale finalità è stata condivisa e ha trovato piena collaborazione della Direzione della Casa di reclusione di Nuchis, della Magistratura di sorveglianza e dell’Amministrazione comunale, consentendo di avviare un percorso che ha visto il coinvolgimento di istituzioni e cittadinanza (Ciavarella, 2016).

Come strumento di intervento sono state realizzate le conferenze riparative: una serie di incontri in cui le diverse parti del sistema si riuniscono per individuare risorse e canali per lo sviluppo del senso di comunità e la costruzione di approcci pacifici per la risoluzione dei conflitti. L'obiettivo è quello di incoraggiare tutte le persone presenti a riflettere sul significato e le potenzialità di una comunità ad approccio relazionale. Le conferenze sono state aperte a tutta la comunità (hanno partecipato giudici, volontari, educatori, terzo settore, amministratori, forze dell'ordine ecc.), consentendo ai partecipanti di ripensare ai legami tra il territorio e il carcere. Abbiamo registrato circa 450 persone in 9 conferenze. Infine, durante la settimana internazionale della giustizia riparativa del 2014 e del 2015, abbiamo avuto altre opportunità per rafforzare i legami sociali organizzando, nel 2014, un pranzo riparativo e, nel 2015, un aperitivo riparativo; durante quest’ultimo è stato realizzato un video disponibile on line. Al pranzo ha partecipato una delegazione di detenuti che, per la prima volta dopo molti anni, hanno avuto l'opportunità di sedersi a un tavolo fuori del penitenziario con persone che non erano compagni di prigionia. I partecipanti (130 persone) erano cittadini di Tempio e comuni limitrofi ma anche le autorità locali, magistrati, avvocati, il sindaco di Tempio Pausania e il sindaco di Sassari, insieme a vari consiglieri e consigliere. Ogni tavolo aveva un nome, i valori della conferenza, parole emerse dalla prima conferenza riparativa (responsabilità, rispetto, fiducia, reciprocità).

 La nostra unità di ricerca ha già condotto varie iniziative di sensibilizzazione e di costruzione comunitaria, favorendo la prosecuzione di altre attività nate dal progetto. Sono stati infatti organizzati vari eventi a livello nazionale e internazionale: Seminari presso la Camera dei Deputati, 2 Visiting Scientist presso l’Università di Sassari noti a livello europeo per il loro contributo alle pratiche riparative (Prof. Tim Chapman e Prof.ssa Pia Christensen), si è creata una rete con l’European Forum for Restorative Justice, numerosi convegni e tavole rotonde per favorire la costruzione di altre progettualità per la diffusione e l’utilizzo dei risultati raggiunti. Tali risultati possono essere sfruttati per il futuro ampliamento della comunità riparativa costruita a Tempio e per replicare l’esperienza in altri territori. Infatti il modello “virtuoso” di gestione pacifica dei conflitti potrebbe essere esteso ad altre città che si vorranno dotare di tale sistema di governance di prevenzione della devianza, in chiave promozionale, e di costante attenzione al benessere e ai livelli di qualità della vita di cittadini e cittadine. I risultati hanno già condotto a un ampliamento dell’offerta di servizi dedicati alla giustizia e alla governance secondo l’approccio riparativo in quanto è stato ideato e istituito, dalla cattedra di Psicologia sociale e giuridica dell’Università di Sassari, lo sportello “RiparAscoltando”, presentato ufficialmente durante il seminario di studi del 24 giugno 2015 e che rimarrà patrimonio professionale e scientifico di tutta la comunità. A settembre 2018 apre il Servizio riparativo di counseling operativo nell'Ambito PLUS di Tempio Pausania. Il Servizio si propone come strumento di comunità in grado di affrontare le situazioni caratterizzate da vulnerabilità sociale in un'ottica promozionale delle persone e della comunità sociale. 

1 Il team è composto da psicolog* specializzat* in psicoterapia, psicologia giuridica, counseling psicologico: dott. Gian Luigi Lepri, già assegnista di ricerca e giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, con funzioni di coordinamento e facilitatore delle conferenze riparative; dott. Ernesto Lodi, assegnista di ricerca, attualmente giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Sassari, con referenza per la ricerca e i processi di benessere; dott.ssa Maria Luisa Scarpa, giudice onoraria presso il Tribunale per i Minorenni di Sassari, referente per il counseling psicologico. Fa parte del team anche un giurista il dott. Nicola Fresu, esperto in tematiche sociali, in particolare in diritto della persona minorenne, referente per l’area giuridica. Dipartimento di scienze umanistiche e sociali, Università degli Studi di Sassari.

 

 

 

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